Matteo Ierimonte
- Data di nascita: 13. Marzo 1985
- Luogo di nascita: Verona, Italy
BIografia
Mi sveglio lentamente, non di soprassalto come vorrebbe la tradizione. Mmm.. Cosa è successo ieri sera? ..A volte mi sento come una pallina di un flipper che sbatte su pareti buie, rimbalzando tante volte su pareti morbide, come di spugna ma nere. Ahi quanto a dir qual’era è cosa dura, ma per trattar del ben che vi trovai, dirò delle altre cose chi vo’ scorte, anzi osservate. Da lontano, con un canocchiale, o forse un monocolo, anzi no, il mio viewfinder da taschino. Trovo del piacere nel rassettarmi, soprattutto perché mi piace la parola, e il gesto. Una sorta di rassettamento continuo, prolungato. E amo la mattina, quando riesco a vederla. Presto, presto, prestissimo, prima presto è meglio è. Credo di essere alla continua ricerca di un certo tipo di felicità, di una dolcissima gioia. Ci sono momenti di pura gioia nelle biografie di ognuno di noi, anche se è triste pensare che non tutti sono arrivati a provarla a livelli davvero alti, incontenibili. Quelli che annullano la fretta, distruggono gli impegni e le infinite mete che molti di noi hanno ogni maledetto istante. Mi infilano dentro un piccolo missile, ma con le pareti interne foderate di velluto nero, praticamente la mia tomba supersonica. E ovviamente sono nel dormiveglia, anzi nel dormoveglio, dove puoi essere cosciente e sognare allo stesso tempo, dove si materializzano tante figure astratte. Chi sono? Creature coloratissime, a volte mostruose, a volte simpatiche. Spesso vorrei risvegliarmi ancora, ma trovo del micro piacere a essere trascinato, come senza responsabilità. Infantilmente, forse. Chiedete a Bukowski di smettere di bere, ci riuscite? Sognare, sognare a tutte le ore, e sempre cosciente. Fra le strade nei bar sul treno a scuola a cena e mentre ti sto parlando. Spesso forse vedo tutto da lontanissimo, piacere di finire l’infinito, di delinearne i confini, raggiungere l’estremità del recinto, il canocchiale finale di Salò di Pasolini girato con le immagini d’orrore lontanissime. Vorrei sempre poter allargare le immagini, guardarle dallo spazio. Forse in questo solo il logo della Universal è soddisfacente come lontananza. Comunque sto ancora volando nel mio letto bara missile. Ecco, vorrei che il mio sarcofago avesse le ruote. Vediamo, sulla gioia? ..Passo tantissimo tempo da solo. Proprio con nessun essere vivente affianco. Almeno fisicamente intendo. Ma dentro di me sempre una tonnellata di dialoghi, ricordi, amici ed emozioni vivissime, più solide del marmo della corteccia del cranio del dio Titano. Credetemi che la vita sulla terra è bellissima. E lo è proprio perché se si ha un po’ di fortuna si riesce ad imbattersi in quei momenti felici che tanto mi fanno affiatare. Sul treno, fuori piove, c’è l’inaugurazione del nuovo Orient Express, sugli stessi vagoni dell’epoca. E dentro persone intelligenti, che amano la vita ma soprattutto sono curiosi e vogliono ascoltare o visionare. Poter distruggere tutte le scarpe da ginnastica sporche del mondo, e andare nelle zone di guerra a portare degli smoking e dei vestiti da principessa alle persone terrorizzate, sole, tristi, povere, nella giungla più profonda o nel deserto più arido. Una mia vecchia conoscenza tantissimo tempo fa trovò una pepita grande come un uovo d’anatra, in un ruscello, accanto ad una gola solitaria. Ne vendette solo poche scaglie, e da lì in poi la sua fortuna crebbe sempre più. Da solo, con la sua forza. Se avesse subito cambiato la sua pepita in monete non avrebbe avuto la gioia di crescere con le proprie gambe, sudando ogni successo e collezionando ricordi. Un deposito pieno di ricordi. Se io potessi trasformare le mie lacrime in gas colorati ci sarebbero grandi porzioni di cielo variopinti in giro. In corridoi, sedili di aerei, stanze d’albergo, ristoranti, vicoletti e medine d’arabia. Quindi cerco di addormentarmi per smettere di sognare, per tornare tranquillamente nella realtà. Dentro la realtà. Dunque c’è una festa grandissima, un party di fine festival. Gente, caos, e miliardi di lingue diverse. Dentro di me l’energia viene meno perché non riesco a stare troppo sveglio, sento che qualcuno sta spostando la monopolina verso l’off dall’on. Ma chi è? ..Questo non si saprà. E ripiombo nella bara, e non è neanche così tardi! La festa proseguirà per tutta la notte. Nuovi amori nasceranno? Incontri dorati avverranno? Lontano da me questo, piegato dalle mie stesse immagini. Ecco, vorrei poter risvegliarmi nel castello di Dracula. Potrei essere indeciso per tutta la vita se preferisco il castello di Dracula di giorno o di notte. Dunque piccola analisi: di giorno si è al sicuro, il vampiro dorme. Ma si è soli. In un gigantesco castello che cade a pezzi, imponente nella sua decadenza. E chiusi dentro. Stanze, corridoi deserti, picchi a strapiombo che ci impediscono la fuga, e con la paura che giunga presto la notte, l’esame terribile di essere al cospetto del signore delle tenebre. E invece alla notte? Si conversa con il conte Dracula, alla sua cena magari altri ospiti vampiri. Ma sono tutti dei signori, sono vestiti bene, le donne sono vestite come nel settecento, scollatissime con tre quarti dei seni bianchi in mostra. E parliamo tutti insieme. Certo lo sappiamo che presto qualcuno ci vorrà addentare, che ci vorranno trasformare in creature come loro. Però, diamine, è meglio la notte. Atmosfera. L’amore con la A più grande della torre eiffel (e non a caso la lettera A è la cosa più simile a quella torre) per ‘l’atmosfera’ mi accompagna per tutta la vita. Ok, allora ho scelto: meglio la notte nel castello di Dracula che il giorno. Basterà dire ‘per favore, non mordermi sul collo’ che magari verremo ascoltati. Mi sembra la cosa più romantica del mondo. Quando la messa in scena non si cura della messa in scena e riusciamo ad entrare nel tempo, anche storico di un film, allora vuol dire che ci siamo riusciti. Detesto le piazze nei film in costume dove ottanta comparse camminano da una parte all’altra, portando carretti e muovendosi a sciame. Io credo che nessuno veramente nell’antichità si sia mosso a sciame. Avanti, siamo forse nuvole di mosche? ..E che tormento, tutte le atmosfere perse, lasciate, che mai potremmo immaginare. O forse un pochino le potremo immaginare non lo so. Amore per le stanze buie, uno schermo si muove, e gente meravigliosa accanto. Pavimento di legno, caldo, caldino, da bere ma sempre con la schiuma e le bolle, dolcissimo. Ci sono delle volte che vorrei piombare in questo contesto. Che tristezza trovarsi nel deserto da soli senz’acqua con il corpo sporco, senza il biglietto di ritorno. L’orrore più grande del mondo è la burocrazia che mangia il nostro tempo, uccidendoci a tratti. La Ghirghisia sempre più lontana. Ma io un giorno mi incatenerò in una sala buia, con tantissimi invitati di cultura. Se si potessero scavare dei tunnel fino al centro della terra, quante centinaia di miliardi di sale piazze vie viali boulevart ci potrebbero essere là sotto? Forse ci sarebbe più spazio dello spazio che ora c’è sulla superfice della terra? Saremmo noi a dover portarci la luce. Dei portatori di luce. Ma come si porta la luce? Per me basta un dvd. Ma per favore trattatelo bene! ..Sempre rigati, macchiati, striati di sciatteria di mancata ossessione. Quanto amo gli oggetti creati dagli uomini, siamo dei creatori di oggetti, in fondo. Che gioia poterli tutti catalogare, vederli tutti insieme. Un pianeta dove metterli tutti, farci una gigantesca foto di gruppo con tutte le nostre cose. Eppoi, perché no? Una foto di gruppo con solo tutti noi! Sette miliardi ormai, vero? ..Quando ho scoperto, tralaltro recentissimamente, che il pianeta Giove è composto solo da gas, mi sono detto: ma è vero? Cioè, come è possibile? ..Davvero vi giuro, la mia immaginazione non riesce a concepire un gas che forma un pianeta, non riesco a visualizzarmi come più essere la superfice di quella….cosa… Ecco, la gioia di non avere un’immaginazione per qualcosa è incredibile. Come incredibile quanto non costi nulla avere un’idea pazzesca. Un foglio una matita e un’idea, e cambia il mondo. E anche se non cambia, è comunque qualcosa di epocale. Tavoli nei bar parigini di tardo autunno, forse negli anni sessanta, ma no anche prima, inizio secolo, no, la belle epoque. E’ vero che ognuno di noi vorrebbe essere in un altro spazio tempo, in un’altra era, sempre più indietro. Però sempre di notte, vero? ..Allora dunque, sogniamo tempi diversi ma nello stesso spazio. Qualcuno forse viceversa, ma è troppo facile dirlo quello. Per questo mi sveglio piano, non di soprassalto, per poter assaporare quello spazio. Che voglia d’inverno, di dolci tenebre fluttuanti. E di silenzi, musiche celestiali, vorrei poter mettere dei feltrini sotto tutte le sedie del mondo. E sogno le giornate dell’ottocento, il mio secolo preferito anche se per moltissimi versi il più brutto. Sì, davvero, non sto scherzando. Un’anticamera continua fra due ere diverse. Perché non vi sono senza dubbio due secoli diversi come il settecento e il novecento. Vi sfido a trovare due secoli così diversi fra loro. E l’ottocento in mezzo. Vorrei trovarmi nella Regola del Gioco di Renoir tutta la vita, ma senza vivere nessuno dei problemi intrapersonali dei protagonisti, di essere un invitato sullo sfondo che si innamora della protagonista. E ne è ricambiato. Riavvolgere per sempre la notte del primo bacio. Sentire solo il rumore del rullo, magari col suono di qualche goccia d’acqua e di confusioni lontanissime. E le giornate lunghissime, senza la fretta, senza i maledetti messaggi sui monitor, e la fretta, le conversazioni che muoiono prima di nascere. Quanto si potrebbe arrivare dedicando le nostre giornate alla non fretta, al camminare veloci (come me) ma solo per poter presto arrivare a sedersi con qualcuno di fronte. Ecco, la carezza di qualcuno. Mi infrango sul suolo, infrangendo la vetrata del tetto del locale orientale in cui mi trovo. Avvolgendo la frusta solo all’ultimo momento sulla proboscide di giada di quella scultura indiana prima di cadere evitando di sfracellarmi. Volevo passeggiare per Manhattan guardando l’alba arrivare su una panchina con affianco chi mi piace, addormentarmi in un fienile di un casolare d’agriturismo in provincia di Siena, in lunghe sere d’estate, con centinaia di sculture intagliate nel legno. Non male essere costretto da una gamba ingessata alla temporale infermità, al dover spiare dalla finestra per passare il tempo. Accorgendosi che solo allora abbiamo un tempo nuovo. E possiamo accorgersi di poter osservare cose che prima neanche immaginavamo. Proprio perché non ne avevamo il tempo. Ma tutti possiamo avere una gamba ingessata immaginaria se lo vogliamo. Dico stop, e tutti spostano dei cavi. In quella confusione d’asa nisi masa trovo il sollievo. Quasi più nelle pause che negli action frenetici. Anzi, quando la giornata è finita, e sono l’ultimo ad arrivare alla cena conclusiva. Forse anche il viaggiatore di 2001 era in quel missile velocissimo ma foderato di velluto, era come impotente di fronte all’infinito che li si parava davanti. Spaventosissimo ma come nostro amico. Non lo so, mistero. Voler poter costruire il monolite. Sì, quello lì. Che in realtà, vi dico, si può aprire. E’ un porta oggetti. I migliori creati dall’umanità. Una sorta di humidor per la genialità dell’uomo. Per questo spaventava in questo modo quelle scimmie. Era così potente che già solo da chiuso spaventava per la sua perfezione. In tutto questo vorrei solo poter scappare con una principessa, salvandola dalla morte nera. E non c’è cosa più incredibile di un eroe di un film che tiene per tutta l’avventura la spada laser attaccata alla cintura. Perché non la sa ancora usare. Solo quando l’impero colpirà ancora inizierà a padroneggiarla. Ma nella nuova speranza la terrà sempre legata alla cintura, e per scappare userà gli oggetti più umani a disposizione. Vorrei essere in avventure così, e avere spade laser e fruste arrotolate sempre attaccata alla cintura. Per il momento. Ma essere per sempre per il momento. Per poter ricevere quel bacio di quella principessa, per il momento solo sulla guancia. Perché non c’è cosa più bella di aspettare un primo bacio che sai arriverà. Ecco, essere in quella sensazione d’attesa, ecco, sì, è la più bella sensazione di gioia di sempre. Di quella gioia indescrivibile che cercavo prima di riferirmi. Così vivo ora questo tempo. Panoramiche senza tempo su tutti gli oggetti della mia vita, alla ricerca di quella slitta. Unica, rarissima, simbolo della libertà del proprio tempo, dello spazio della felicità del pensiero. Bocciolo di rosa in terre di guerra, in scenari bombardati, pieni di living dead. Nulla di più fragile di quella rosa. Eppure così forte d’immagine. Corpo fragile con immagini forti. Questo sono. E aspetto di essere colto e ragalato a qualcuna che possa amare ed essere amata. Attendo, vestito con bombetta e bastoncino. Per il momento buio in sala. Che la proiezione abbia inizio. Quella sì di soprassalto, addormentandomi felice.